Husayn ibn Mansûr al-Hallâj nacque nel villaggio di Tur, presso Bayda, nell’antica provincia di Fars a sud della Persia, nell’anno 224 dell’egira (857 d.C.); si trovano fonti discordanti sulle sue origini: alcune infatti attribuiscono al padre o al nonno di Hallaj il ruolo di custode del fuoco sacro, figura di grande rilievo nella religione zoroastriana;
altre tramandano che il padre fosse un cardatore di cotone, mestiere per altro molto diffuso nell’area geografica in cui Hallaj, molto piccolo, si trasferì (Wasit e Tustar), e dove iniziò a parlare anche la lingua araba; e tramandano che fu proprio il mestiere del padre a derivargli l’appellativo di “Cardatore di segreti”. Sembra che il percorso mistico di Hallaj abbia avuto inizio fin dalla tenera età di dodici anni, quando studiando in una scuola coranica di Wasit, fu in grado di imparare a memoria, e quindi recitare, tutto il Corano; i suoi maestri furono Šaykh Sahl at-Tustari, che seguì fino all’età di diciotto anni; a Bassora incontrò poi ‘Amr al-Makki, confratello del futuro grande maestro di Hallaj, Junayd. Ottenne di diventare discepolo del grande Junayd, che divenne così suo maestro, guida spirituale e confidente. Solo dopo questo primo pellegrinaggio iniziò la sua predicazione in pubblico, con grande stupore e scandalo della comunità sufi di Baghdad; decise allora di smettere l’abito sufi che lo connotava come appartenente alla categoria, per poter parlare liberamente alla gente, abbattendo i muri virtuali delle appartenenze che spesso sfociano in pregiudizi; ottenne i primi consensi tra i sunniti iraniani e gli armeni, ma scatenò le ire di alcuni funzionari di governo; fu dopo il suo intervento pubblico che venne accusato di magia e ciarlataneria e costretto a lasciare Baghdad, partendo alla volta della regione del Khorasan, nell’Iran nord-orientale. Qui iniziò a predicare nelle città, alle frontiere, nei conventi fortificati dei volontari per la guerra santa, facendo sempre più proseliti, tanto da arrivare al suo secondo pellegrinaggio alla Mecca con quattrocento discepoli; fu per questa ragione e per l’invidia suscitata da un tale gesto, che i suoi ex-amici d’ambito sufi lo accusarono, questa volta non più di ciarlataneria, ma di magia bianca, di sortilegi magici e di aver stretto un patto con i Jinn (i demoni spesso citati nel Corano). Ritornato a Baghdad Hallaj si dedicò alla pratica ascetica di preghiera e silenzio.